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Samaritanus Care – Presentato alla Stampa Estera in Italia il progetto di Aris e Uneba

Nella prestigiosa sala della Stampa Estera in Italia venerdì 17 Maggio è stato presentato il progetto “Samaritanus Care” varato dalla associazione Samaritanus istituita da Aris e Uneba per far fronte alla grande fuga di infermieri italiani da ospedali e realtà socio-sanitarie associate. Tema delicatissimo e di grandissima importanza per le sorti presenti e future della sanità cattolica. Non a caso portato alla conoscenza del grande pubblico in una delle più importanti istituzioni massmediologiche del Paese, la residenza della Stampa Estera italiana nella nuova sede di via del Plebiscito a Roma inaugurata all'inizio di quest'anno dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Per la nuova “creatura” di Aris e Uneba – il Samaritanus Care - un vero e proprio esordio nel suggestivo palazzo romano dove fanno capo oltre 350 giornalisti in rappresentanza di quasi tutte le testate giornalistiche del mondo.

Significativa, dunque, la scelta di anticipare, nella sede elevata ad essenziale punto di riferimentoper la quotidiana eco internazionale delle vicende nostrane, il progetto Aris-Uneba. Vale a dire, “far arrivare in Italia un migliaio di infermieri all'anno assunti dai Paesi esteri sedi di università cattoliche e di comunità missionarie”. In sostanza, la sfida lanciata dalla Chiesa italiana per far fronte nei prossimi anni alla grande fuga di personale infermieristico dalle istituzioni socio-sanitarie italiane cattoliche. “Quasi una mission impossibile diventata possibile”, confida con fare piuttosto deciso don Massimo Angelelli, direttore dell'Ufficio Nazionale per la Pastorale della Salute della Cei, alla presentazione del progetto. Si tratta – spiega il monsignore - del piano varato con coraggio e lungimiranza da Aris e Uneba tramite la Samaritanus,“il primo network formato dalle due più importati istituzioni socio-sanitarie cattoliche” patrocinate dalla stessa Cei. Vero e proprio braccio operativo istituito per assumere infermieri laureati negli atenei cattolici dei Paesi in via di sviluppo da inserire negli ospedali e case di cura cattoliche. Un progetto, concepito nel 2021 in piena pandemia, messo a punto col varo del “Samaritanus Care” nella speranza di coprire le carenze infermieristiche nostrane alle prese con una vera e propria “voragine” assistenziale destinata a toccare picchi spaventosi entro il 2029.

Cifre, unito ad un quadro a dir poco scoraggiante, illustrate nel corso della conferenza stampa da Beatrice Mazzoleni, segretaria della FNOPI (Federazione nazionale operatori infermieristici), secondo la quale nei “prossimi 4 anni l'attuale quadro di circa 460 mila infermieri perderà oltre 100 mila unità”. Un perdita secca che “già dal 2022 grava sul nostro sistema sanitario con una carenza di circa 65 mila infermieri mancanti”. Ma che, avverte la segretaria della federazione degli infermieri, è destinata “ad aggravarsi sempre di più” a causa di pensionamenti, dimissioni, trasferimenti all'estero dove i trattamenti economici sono notoriamente superiori a quelli riconosciuti al personale infermieristico italiano.

“Il progetto Samaritanus Care vuole dare una risposta concreta e possibilmente risolutiva in un prossimo immediato futuro a queste problematiche”, spiega don Angelelli, aggiungendo che l'iniziativa, “accolta con favore anche dal ministro della Salute Orazio Schillaci”, prevede l'individuazione di infermieri laureati nelle università cattoliche sparse nel mondo da far venire in Italia per “essere assunti nelle istituzioni socio-sanitarie cattoliche” per un periodo di almeno tre anni. Particolare di non poco conto, “la preparazione, specialmente lo studio della lingua italiana, e le spese organizzative necessarie per individuare i candidati e farli trasferire nel nostro paese, saranno a totale carico delle istituzioni sanitarie di destinazione”, assicura il Direttore dell'Ufficio per la Pastorale della Salute Cei. Già iniziate le prime selezioni di personale infermieristico nei nei paesi esteri interessati al progetto. Per la fine dell'anno, dovrebbero arrivare i primi 50 infermieri, per arrivare ad un tetto di “un migliaio di professionisti infermieristici all'anno in un futuro abbastanza ravvicinato”, è stato preannunciato durante l'incontro al Palazzo Grazioli.

Oltre a don Angelelli, nel corso della conferenza stampa ci sono state testimonianze di operatori sanitari collegati con diversi paesi dove il progetto Samaritanus Care è stato subito accettato tra i giovani infermieri ed è decollato con la messa a punto delle necessarie documentazioni presso le autorità locali e le ambasciate italiane. Dal Camerun, la missionaria Ilaria Tinelli, responsabile delle iniziative sanitarie delle istituzioni cattoliche locali, che ha parlato del “grande entusiasmo con cui è stata accolta l'iniziativa dell'Aris e dell'Uneba” pur di fronte a non poche difficoltà. Come i tempi eccessivamente lunghi con cui le istituzioni camerunensi ed i funzionari dell'ambasciata italiana provvedono ad evadere gli aspetti burocratici delle richieste. Un problema non da poco, “pur nella consapevolezza che il Samaritanus Care – riconosce Ilaria Tinelli – rappresenta una grande risposta per far fronte alle carenze infermieristiche italiane, e nello stesso tempo è una grande opportunità per gli infermieri del Camerun che venendo in Italia avranno una importante opportunità di lavoro, di crescita professionale ed umana”. Ma c'è di più. “Secondo il nostro ambasciatore italiana attualmente in servizio in Camerun – la puntualizzazione della missionaria – il Samaritanus Care è anche un grande antitodo per scoraggiare l'immigrazione clandestina da questo paese verso l'Occidente, Italia compresa, di giovani e meno giovani bisognosi di lavoro e di cure”, un male che purtroppo grava su buona parte della società camerunense. Padre John Idio, collegato dalla Nigeria, ha definito il “Samaritanus Care un buon progetto, lungimirante, utilissimo per i nostri giovani”. Annunciando che “sono già una quindicina gli infermieri nigeriani che hanno aderito al piano Aris-Uneba ed altri si sono dichiarati disponibili, contentissimi ed orgogliosi di poter venire in Italia per operarenegli ospedali cattolici”. Pur confermando che “non sono pochi ancora i problemi burocratici da superare, specialmente a livello di ambasciata, dove per avere un appuntamento si aspetta mesi, persino anni..”. In definitiva, da tutti i collegamenti – come padre Stev Chobo dalla Tanzania, Gian Battista Pollis dal Perù, suor Lilly Ross dall'India e don Florent Ntumba dal Congo – è arrivato un grande apprezzamento per il progetto unito a parole di forte preoccupazione per le eccessive lungaggini burocratiche. Blocchi per i quali da parte di tutti è arrivato un invito sia alla Cei che allo Stato italiano ad intervenire subito per “evitare ulteriori inutili perdite di tempo per avere permessi o traduzioni legali di documenti, pur nel rispetto delle leggi attuali, che potrebbero frenare la buona riuscita dell'iniziativa”.

Tra gli altri interventi, padre Virginio Bebber, presidente dell'Aris, che, oltre a ricordare che il progetto Samaritanus Care “è una risposta della Chiesa italiana per far fronte a una carenza infermieristica destinata a gravare pericolosamente sui nostri pazienti”, ha lanciato un'altra proposta, l'Erasmus per i giovani laureandi nelle università cattoliche estere. “In questo modo – ha specificato Bebber – potremo avere giovani studenti dei paesi esteri che potrebbero laurearsi in Italia, imparando quindi bene la nostra lingua, e quindi pronti per essere inseriti nelle nostre istituzioni sanitarie”. In sintonia col presidente Aris, Franco Massi, presidente Uneba, che ha tenuto a sottolineare che “ai giovani infermieri che arriveranno in Italia sarà offerta l'opportunità di lavorare in istituti di eccellenza ed acquisire competenze professionali di alto livello, che potranno mettere a frutto, non solo nei nostri ospedali, ma soprattutto quando torneranno nei loro paesi”. Da Enrico Bollero, presidente della Fondazione Samaritanus, un “plauso all'iniziativa che, grazie alla Cei, permesso il varo di un vero e proprio network socio-assistenziale ed infermieristico utile per la nostra sanità e nello stesso tempo anche per i paesi d'origine degli infermieri che arriveranno in Italia. Vale a dire un grande esempio di circolarità fatta di valori, professionalità, umanità, un fare tipico dello spirito cristiano che si respira nelle nostre istituzioni socio-sanitarie cattoliche seguendo gli insegnamenti di Cristo”.

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