News & Eventi

Focus

Focus

L’Associazione “Chi si cura di te”: l’Autonomia Differenziata è una pietra tombale sul diritto alla salute

“Una pietra tombale sul diritto alla salute così come originariamente immaginato dai padri Costituenti". E’ la volta del Coordinamento Nazionale dell'Associazione “Chi si cura di te?” ad abbattere la mannaia sulla legge che ha introdotto nel Paese l’autonomia differenziata. “Il Ddl Calderoli sull’Autonomia differenziata – si legge in una nota dell’Associazione, l’ennesima che si allinea alle proteste di tutte le associazioni che rappresentano categorie fragili di italiani - determina non solo un vero e proprio terremoto sul funzionamento dell’assetto istituzionale del nostro Paese, ma pone di fatto una pietra tombale sul diritto alla salute così come originariamente immaginato dai padri Costituenti nonché dal Ssn universalistico istituito con la legge 833 del 1978. Il Ddl Calderoli, infatti, tra le 23 materie per cui è prevista l’autonomia regionale, include anche la materia sanitaria in una modalità onnicomprensiva". Ci troviamo, dunque, a dover raccogliere l’ennesimo appello di una delle Associazioni che in Italia difendono il diritto universale alle cure sancito dalla Costituzione. Ed ancora una volta dobbiamo constatare come una questione così delicata, come può e deve essere l’assistenza sanitaria, stabilita in seno di un’atmosfera politica carica di “do ut des”, e approvata a colpi di una maggioranza alla fine rappresentativa del 49% degli italiani, può effettivamente spaccare in due il Paese e suscitare vivaci proteste da più parti. "Alla sanità – ricorda la nota - possono essere ricondotte moltissime cose diverse: dalla riorganizzazione interna delle ASL alla strutturazione complessiva del Servizio Sanitario regionale, alla disciplina dell'attività esterna rispetto alle prestazioni dei medici presso strutture pubbliche, alla tariffazione delle attività dei privati per conto del settore pubblico, a tutto ciò che attiene l'approvvigionamento di farmaci, fino alla contrattazione integrativa, con il rischio di aggravare le profonde differenze esistenti fra le Regioni, rendendo ancora più difficile assumere in aree economicamente più svantaggiate nel paese".

Ulteriori elementi di “estrema preoccupazione - continua l'Associazione - riguardano l’introduzione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP). Il Comitato istituito per indicare i livelli essenziali delle prestazioni (CLEP), ha ritenuto superfluo occuparsi della tutela della salute, data l'esistenza dei LEA (aggiornati l’ultima volta nel 2017). La principale criticità legata ai LEA è che a essi non corrisponda alcun finanziamento specifico: la distribuzione del Fondo Sanitario Nazionale, con cui lo Stato trasferisce le risorse alle Regioni, avviene secondo criteri di popolazione residente, in parte pesata per età, ed è indipendente dal raggiungimento dei LEA. Questa situazione rischia di compromettere tale meccanismo di bilanciamento negando di fatto pari diritti alla salute su tutto il territorio, così come previsto dalla Costituzione. Inoltre, sebbene il federalismo miri a migliorare l'efficienza amministrativa e il principio di sussidiarietà, nella realtà rischia di ridurre la capacità di redistribuzione del reddito, essenziale per garantire il diritto alla salute in tutte le aree del paese".

E per rafforzare la teoria l’Associazione si riferisce a quanto evidenziato dal GIMBE, prendendo come esempio alcune istanze avanzate dalla Regione Veneto in materia di sanità, che risulterebbero in netto contrasto con l’impianto del Ssn. Infatti, “la possibilità per la Regione di ottenere una maggiore autonomia nell'istituzione e gestione dei fondi sanitari integrativi – sostiene l’Associazione - consentirebbe infatti la creazione, come già si può osservare, di sistemi assicurativo-mutualistici regionali indipendenti dalla normativa nazionale, che si presenta già frammentata. Inoltre, la richiesta di contrattazione integrativa regionale per i dipendenti del Ssn, insieme all'autonomia nella gestione del personale e nella regolamentazione dell'attività libero-professionale, potrebbe portare a una competizione insana tra Regioni, favorendo il trasferimento di personale dal Sud al Nord esasperando il già presente gradiente migratorio interno. Questo scenario, inoltre, rischia di compromettere la contrattazione collettiva nazionale e marginalizzare drasticamente il ruolo dei sindacati".

Senza poi considerare il fatto che se le Regioni non chiedono tutte le stesse funzioni, secondo il Ddl “lo Stato manterrà alcune funzioni non richieste solo su parti del territorio nazionale: una stessa funzione sarà gestita dalla Regione in alcune aree e dallo Stato in altre, contrariamente allo scenario di alleggerimento delle strutture statali a favore di quelle regionali promosso dai sostenitori dell'autonomia differenziata”. In pratica ci ritroveremo con una duplicazione delle strutture e quindi con un aumento dei costi. “Come associazione – conclude la nota - condanniamo fermamente questo ennesimo attacco al diritto alla salute, potenzialmente mortale, da parte del Governo. Ci appelliamo alla popolazione civile tutta, all’intero mondo del comparto Salute, alle altre Associazioni, ai Sindacati e alle forze parlamentari contrarie a questa legge scellerata, e ci uniamo alla campagna per l’abrogazione del Ddl Calderoli, riportando al centro della discussione politica il diritto alla Salute e non il rafforzamento di potentati locali sulle spalle dei cittadini e dei lavoratori della salute!".


Richiedi informazioni