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La “bagarre” in sanità

“Bagarre”: parola francese che si traduce in italiano con "rissa", "zuffa", "tafferuglio", "baruffa", "mischia". Un “francesismo” poco simpatico, che viene usato in Italia per rappresentare gli eccessi del dibattito. E’ di casa, da tempo, nel nostro Parlamento; immagine a volte indecente del nostro sistema politico. Per la verità esplode anche in altri consessi governativi internazionali e, a volte, con forme violente, soprattutto nei Paesi del terzo e quarto mondo. Ma noi siamo in tutti i “G” numerati: 6, 8, 16 e via dicendo; dunque siamo considerati nella parte alta del mondo. La “bagarre” in genere scoppia tra fazioni contrapposte, ideologicamente o per qualsiasi altra diversità da imporre l’un l’altro. E, al limite del consentito, potrebbe addirittura aver un senso. Le cose cambiano quando esplode tra appartenenti alla stessa organizzazione, o istituzione che dir si voglia, per di più messa alla guida di un Paese. Ed è tanto più pericolosa e divisiva quando il contendere è la salute dei cittadini.

Una riflessione, questa, suscitata da un titolo comparso su QS, il noto quotidiano on line interamente dedicato alla sanità: “Liste d’attesa: non si placa la bagarre tra Schillaci e le Regioni”.

Al di là dall’essere il primo campanello d’allarme del clima che si potrebbe sviluppare (il condizionale è d’obbligo, ma non convinto) con il progressivo stabilirsi del sistema dell’autonomia differenziata, questa “bagarre” non giunge del tutto inattesa.

In un Focus del 15 giugno dello scorso anno, quando si lanciavano proclami di mega investimenti in sanità previsti dalla elaboranda Legge di Bilancio - presi per oro colato dal Ministro della Salute, tanto che andava per le piazze a sventolare progettisicuramente eccellenti -, noi ne scrivevamo come fosse un bel “Libro dei sogni”. Ci chiedevamo infatti come non ci si rendesse conto che i fondi erano promessi pur sapendo che erano solo frutto di furbizie gestionali, con le quali venivano messi in conto fondi nominali della vecchia legge di Bilancio. “Resta da capire – scrivemmo allora parlando dei 3 miliardi per la sanità promessi personalmente a Schillaci - se l’entusiasmo mostrato dal Ministro, ospite dell’evento Welfare Italia Forum 2024 a Roma, sia effettivamente giustificato da assicurazioni che gli sono state date dai suoi interlocutori che fanno parte del suo stesso governo, o se forse si è sbilanciato un po’ troppo. E sarebbe la prima volta che Schillaci si sbilancia con numeri precisi sull’ammontare delle risorse per il suo settore. ‘Da almeno 20 giorni – ha detto precisamente - i giornalisti mi chiedono le cifre per la sanità in legge di Bilancio. Il ministro Giorgetti e la premier Meloni sanno bene quanto è importante la sanità, che è tornata al centro delle priorità e ci sarà un incremento dei fondi rispetto a quello previsto’. E' con queste parole che ha annunciato la sua speranza nei 3 miliardi”.

E c’è da dire che nonostante la delusione calata con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della Legge di Bilancio, il Ministro è andato avanti con i suoi Decreti, con i suoi progetti finiti purtroppo nel caos.

Al risveglio dalla fantasia fiabesca, assillato dalle proteste, afflitto dagli scioperi, messo alla gogna mediatica per il continuo lamentarsi di chi non riesce a curarsi, incalzato dalle vittime della violenza che si scatena nei luoghi di cura, al Ministro non restava che mandare in giro per l’Italia i NAS, per verificare se tutto ciò accade per l’incuria delle Regioni nell’applicare le sue disposizioni.

E la risposta delle Regioni non poteva che essere quella che ha affidato ad una missiva personale al Ministro stesso, il Presidente della Conferenza Stato-Regioni, Fedriga: senza i fondi promessi e mai arrivati, non è possibile dare seguito alla Legge sulle Liste d’attesa. “Del resto, fa notare Fedriga, le criticità rilevate dalle Regioni in fase di emanazione della norma si stanno ripercuotendo anche nella fase di attuazione della stessa”. In effetti le Regioni e le Province autonome, già in sede di espressione del parere sul disegno di legge di conversione del decreto-legge varato dal Governo, avevano segnalato le criticità del provvedimento, esprimendosi negativamente sulle norme in esso contenute, a maggioranza con la sola esclusione della Regione Lazio.

Riepilogo: Dopo un’indagine dei NAS dalla quale risulta che non tutte le regioni sono al passo con le nuove disposizioni, Schillaci denuncia: ”E’ assurdo che ci siano alcune Regioni con liste di attesa chiuse e cittadini costretti a rivolgersi al privato quando gli esami e le visite si possono fare nel pubblico”.

Le Regioni cominciano a rumoreggiare per il rimbrotto del Ministro e Fedriga prende carta e penna e scrive al Ministro: noi lo avevamo detto sin dall’inizio che con quella Legge non si andava da nessuna parte e che era necessario modificarla. Ora se ne pagano le conseguenze: senza i fondi promessi non si può fare nulla di più e poi si cominci “ a rispettare le competenze” e a sistemare le troppe cose ancora in sospeso. Dov'è la ragione? Dove il torto? L’unica certezza è che a rimetterci sono sempre loro: i malati e le persone fragili.

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