Sono undici e si trovano quasi tutti al Centro-Nord (quattro in Lombardia, uno rispettivamente in Toscana, Marche, Veneto, Piemonte, Abruzzo, Emilia-Romagna e Sicilia) i migliori ospedali italiani, ovvero quelli che, secondo l'elaborazione di dati realizzata dai tecnici dell'Agenas per ANSA, presentano pieni voti in tutte le aree cliniche considerate. Il report ha valutato le performance di 1.363 ospedali pubblici e privati, in base a 205 indicatori.
Lo dicono i dati ricavati dagli analisti di Agenas che hanno presentato recentemente a Roma presso il Cnel i risultati dell’Edizione 2024 del Programma nazionale esiti (Pne). Un Pne che, in linea con il trend degli ultimi anni, si perfeziona sempre di più e stringe le maglie per valutare con accuratezza gli out come degli ospedali pubblici e privati.
Le strutture con performance di eccellenza sono, dunque, ormai sotto i riflettori grazie all’utilizzo sempre più accurato di una sorta di “radar” in grado di intercettare la qualità delle attività ospedaliere, ossia il treemap, modalità sintetica che attraverso indicatori di volume, processo ed esito, evidenzia le criticità delle realtà assistenziali per singola struttura. Uno strumento, come ha sottolineato Domenico Mantoan, Direttore Generale di Agenas che rappresenta ormai da tempo un osservatorio nazionale permanente sulla qualità delle cure in Italia, in grado di offrire agli operatori e ai decisori una panoramica attendibile e aggiornata sulla variabilità dei processi e degli esiti assistenziali. Un sistema unico al mondo che, assicura Mantoan - produce dei dati non contestabili. Nel 2023, finita l’emergenza Covid, il sistema ha ripreso a funzionare ed ha evidenziato eccellenze, neppure a dirlo, al Nord. Sempre secondo AGENAS si cominciano però a vedere progressi tra le strutture del Sud.
Il treemap (mappa ad albero) si basa su indicatori selezionati per 8 aree cliniche (cardio-circolatorio, nervoso, respiratorio, chirurgia generale, chirurgia oncologica, gravidanza e parto, osteomuscolare, nefrologia). Gli analisti hanno messo in campo, per questa nuova edizione, 10 indicatori in più rispetto all’anno precedente, per un totale di 205 indicatori di cui: 180 relativi all’assistenza ospedaliera (70 di esito/processo, 88 di volume e 22 di ospedalizzazione) e 25 relativi all’assistenza territoriale, valutata indirettamente in termini di ospedalizzazione evitabile (14 indicatori), esiti a lungo termine (7) e accessi impropri in pronto soccorso (4).
Attraverso questi indicatori sono state passate al setaccio 950 delle 1.363 strutture, (il 70% del totale, era il 66% nel 2022), pari a circa il 90% dei ricoveri nelle aree cliniche considerate. Le strutture per le quali è stato possibile valutare, almeno con un indicatore, tutte e 8 le aree cliniche sono state 171; di queste, 2 hanno raggiunto livelli di qualità alti o molto alti per tutte le aree.
Sul fronte qualità, cresce il numero degli ospedali con livelli di eccellenza per almeno il 50% dell’attività svolta: + 33% rispetto al 26% del 2022.
Tuttavia, il tallone d’Achille non è più solo il divario Nord-Sud Italia, ma anche una eccessiva frammentazione nei volumi di attività che si traduce in una allarmante differenza intra-regionale e spesso anche inter-aziendale. Preoccupa infatti, in alcuni ambiti, la preponderanza di strutture a volume molto basso di prestazioni non allineate agli standard indicati dal Dm 70 e dalle linee guida internazionali. Strutture che mal si sposano con out-come di qualità e lontane dall’assicurare i Lea.
C’è da chiedersi come mai alcuni ospedali Italiani che pure hanno ottenuto riconoscimenti internazionali, considerati vere eccellenze in campo mondiale e pertanto finiti agli apici di classifiche mondiali, non figurino neppure nella top ten dell’AGENAS. Ma forse, o almeno lo vogliamo pensare, non sono nella lista degli osservati speciali.