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Dalla Corte dei Conti l’ennesimo allarme sanità

Luci ed ombre nel rapporto della Corte dei Conti sulla spesa sanitaria in Italia. Secondo il report appena pubblicato dall’organismo di controllo, la spesa sanitaria corrente in termini di contabilità nazionale è salita a 131,1 miliardi di euro nel 2022, dai 127,5 del 2021 e dai 122,7 del 2020 dopo essere stata nei sette anni precedenti assestata attorno a 110 miliardi. A fronte di questo livello complessivo di spesa, il finanziamento ordinario del Sistema sanitario nazionale è salito nel 2022 a 125,98 miliardi dai 122 del 2021, e i 120,5 del 2020.

Nel confronto internazionale, prendendo a riferimento l’anno 2022, la spesa sanitaria pubblica italiana, pari a circa 131 miliardi, risulta comunque ridotta rispetto ai 423 della Germania e ai 271 della Francia. A parità di potere d’acquisto, la spesa italiana pro capite risulta meno della metà di quella della Germania. Nel biennio della pandemia, 2020-2021, la spesa sanitaria pubblica è aumentata, in valore cumulato, del 15,5% in Italia; un incremento molto superiore al decennio precedente, ma inferiore a quello registratosi in Francia (+19,2%), Germania (18,4%), e Regno Unito (+28,6%). L’incidenza della spesa sanitaria pubblica in rapporto al Pil è stata pari al 6,8%, superiore di un decimo di punto a quella del Portogallo (6,7%) e di 1,7 punti rispetto alla Grecia (5,1%), ma inferiore di ben 4,1 punti a quella tedesca (10,9%), di 3,5 punti a quella francese (10,3%), e inferiore di mezzo punto anche a quella spagnola (7,3%)".

Fortunatamente, nonostante il confronto europeo evidenzi un contenimento della spesa, i risultati della performance del sistema sanitario nazionale continuano ad essere comunque giudicati relativamente positivi. Ad esempio, tra gli indicatori di qualità delle cure, quello relativo al tasso di mortalità prevenibile in Italia (91 per 100.000 abitanti) o trattabile (55 per 100.000 abitanti) risulta molto inferiore alla media Ocse (pari, rispettivamente, a 158 e 79 per 100.000 abitanti). Tra gli indicatori di qualità delle cure, quello relativo alla mortalità a 30 giorni dopo un attacco ischemico segnala valori più positivi per l’Italia (6,6% a fronte del 7,8% della media Ocse). Anche la qualità dell’assistenza primaria evidenzia valori nettamente migliori per l’Italia (214 ricoveri inappropriati per infarto acuto del miocardio ogni 100.00 abitanti, a fronte, in media, di 463 nei paesi Ocse); negli accertamenti preventivi, il 56% delle donne risulta avere aderito a screening per il cancro al seno, poco più della media Ocse (55%)". Valori meno positivi, come prevedibile, si registrano nel consumo, eccessivo, di antibiotici e nel tasso di mortalità dovuto all’inquinamento atmosferico (40,8 per 100.000 abitanti, a fronte di una media Ocse di 28,9).

Chiaramente il contenimento della spesa pubblica sanitaria e il conseguente fenomeno dell’ingigantirsi delle liste di attesa fanno registrare inevitabilmente una spesa privata al di fuori del Servizio sanitario nazionale. Una spesa assai elevata, crescente, e molto superiore a quella degli altri paesi dell’UE. Nel 2022, in Italia la spesa diretta a carico delle famiglie è stata il 21,4% di quella totale, pari ad un valore pro capite di 624,7 euro, in crescita del 2,10% rispetto al 2019, con ampi divari tra Nord (che spende mediamente di più) e Mezzogiorno. Confrontandola con quella dei maggiori paesi europei, a fronte del 21,4% di quella italiana, corrispondente, a parità di potere d’acquisto, a 920 dollari pro capite, l’out of pocket in Francia raggiunge appena l’8,9% del valore totale (corrispondente, per il 2021, 544 dollari pro capite), l’11% in Germania (882 dollari pro capite). Ed è qui che nasce e si alimenta l’inaccettabile forbice tra nord e sud, tra chi può e chi non può permettersi di curarsi.

Riflessi simili si hanno in materia di prevenzione. Mentre a livello generale il Paese si colloca in un range superiore alla media Ocse, in quello regionale "si apprezza una minore compliance delle Regioni meridionali, le cui popolazioni aderiscono in misura assai ridotta all’attività di screening e presentano, in media, una situazione di aspettativa di vita complessiva e di multicronicità con limitazioni gravi a 75 anni assai meno favorevoli del Centro-nord".

La Corte dei Conti ha poi dedicato un approfondimento particolare ad un altro punto dolente quanto a “possibilità personali”: la compartecipazione alla spesa per prestazioni sanitarie attraverso il pagamento del ticket. Anche in questo settore si registra un calo non indifferente quanto indicativo. In particolare, nel 2021 le risorse ammontano a 968,68 milioni, con una riduzione del 28,63% rispetto al 2019 (oltre 1,3 miliardi), e in lieve ripresa rispetto al 2020 (823,5 milioni). L’andamento delle risorse mostra un evidente effetto dello stato di emergenza pandemica, che ha ovviamente influito sulla quantità delle prestazioni sanitarie eseguite nel corso del 2020; mentre nel 2021 vi è stata una timida ripresa. La riduzione delle sotto voci di entrata riferibili al ticket è generalizzata e riguarda non solo le prestazioni di pronto soccorso, ma anche l’ambito della specialistica ambulatoriale (rispettivamente -32,24% e -28,39% nel triennio 2019-2021).

I ricavi da ticket per abitante, nel 2021, erano pari a 17 euro, in riduzione di 6 euro rispetto al valore del 2019 (23 euro). Nel triennio, il valore più elevato si rileva nella Regione Valle d’Aosta (47 euro nel 2021, 65 euro nel 2019); a seguire, le Province autonome di Trento e Bolzano e le Regioni Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Veneto e Friuli-Venezia Giulia. Le Regioni con un importo di ticket per abitante più basso, sempre nella serie storica considerata, sono la Sicilia, la Campania, la Puglia e la Calabria".

La conseguenza di questo andamento è naturalmente la crescita della voce debiti v/fornitori del SSN: dagli oltre 15,26 mld del 2019 si è passati ai 17,47 mld del 2021 con un aumento percentuale pari al 24,04%. L’ammontare dei debiti verso fornitori (per anno di formazione della fattura) presenta un importo rilevante ante 2018 pari al 13% del totale; vale a dire che i debiti sorti prima del 2018 che non risultano ancora pagati a fine 2021, ammontano a circa 2,4 miliardi, di cui in contenzioso giudiziale o stragiudiziale ammonta a 726 milioni.

 Infine dal report arriva la ciliegina: nel Paese longevo che era l’Italia si è ridotta pesantemente la speranza di vita. La pandemia ha certamente giocato un ruolo centrale. La speranza di vita senza limitazioni nelle attività a 65 anni, pari, a livello nazionale a 10 anni, scende a 8,3 nel Mezzogiorno e a 7,8 nelle Isole, mentre nel Nord sale a 11,0 anni. Particolarmente critica appare la situazione della Regione Campania dove "si osserva una causalità diretta tra stili di vita e situazione di multi-cronicità e limitazioni gravi tra le persone di oltre 75 anni che risulta del 66,5% rispetto a una media nazionale del 49%. In generale, la situazione di multi-cronicità grave risulta in media 12 punti superiore nel Mezzogiorno rispetto alle Regioni del Nord e 8 -10 punti superiore a quelle del Centro.

 

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