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Critiche e repliche alimentano il caos

Puntuale la replica del Ministro Schillaci alle tante critiche piovute sui “provvedimenti”, giudicati “non provvedimenti”, sulle liste d’attesa. “Tanto per cominciare – ha dichiarato il Ministro della Salute a La Stampa - per gli straordinari ci sono 250 milioni di copertura, vidimata dal Mef. Per il resto posso farle una lunga lista di soldi già assegnati alle Regioni, vincolati all'abbattimento delle liste di attesa. Di quelli stanziati nel 2022 ci sono 100 milioni ancora non spesi. Poi c'è lo 0,4% del Fondo sanitario, oltre 500 milioni, che l'ultima manovra stanzia proprio per aggredire le liste di attesa. E per aumentare l'offerta da parte del privato convenzionato, che sempre per conto del pubblico agisce, il tetto di spesa è aumentato di 123 milioni nel 2024, 370 milioni nel 2025 e quasi 500 nel 2026. Direi che dovrebbero bastare”.

Sappiamo bene che la speranza, diciamolo onestamente mal riposta, è proprio in quel “dovrebbero bastare”. Mal riposta perché non è un mistero per nessuno, e men che meno per chi ci amministra, che all’appello per la sanità mancano svariati miliardi di euro. E che gli aumenti concessi non sono altro che una minima conseguenza della crisi economica del Paese. Ma certo non coprono neppure una piccola parte della domanda di salute degli italiani.

Tra quelle somme sopra citate, come ha confermato Schillaci, il ddl comprende anche “un aumento del tetto dei privati che contiamo diventi operativo nel 2025”. Ed anche su questo ha dovuto contrattaccare chi critica, questa volta almeno sostenuto da una legge dello Stato, che smentisce la distinzione tra servizio offerto da strutture pubbliche e servizio offerto da strutture private accreditate, non profit nel caso delle nostre Associate. “Non è vero che questi siano provvedimenti che favoriscono la sanità privata – ha dichiarato-. È vero il contrario. Con le misure che abbiamo approvato contiamo di abbattere le liste di attesa che spingono milioni di cittadini a pagare il privato di tasca propria per aggirarle. Grazie a queste norme ci sarà un minore ricorso al privato che quindi verrà penalizzato e il pubblico rafforzato. Questa è la verità. Ricordo che nel decreto si prevede la nullità dei contratti per i privati che non mettono a disposizione nel Cup le prestazioni necessarie per curare i cittadini”. E ha spiegato anche come il cittadino potrà rivolgersi al privato accreditato quando l'attesa è troppo lunga: “Il cittadino prima doveva documentare il mancato rispetto dei tempi massimi di attesa, poi scrivere una Pec al direttore generale sperando di non dover anche chiamare un avvocato per ottenere il rimborso dei costi sostenuti. Ora invece tutto viene semplificato”. In sostanza il CUP “avendo tutte le agende del pubblico e del privato a disposizione potrà ricollocare la visita medica in libera professione dentro gli ospedali o gli accertamenti nelle strutture private accreditate. Tutto però a tariffe regionali concordate”. In pratica l'azienda convenzionata indicata dal CUP erogherà la prestazione senza richiedere pagamenti anticipati.

Il Ministro ha replicato anche alle critiche delle Regioni che avevano denunciato di non essere state coinvolte nella stesura del testo: “I provvedimenti che abbiamo varato – ha detto in proposito – sono il frutto di un lungo lavoro, portato avanti da un tavolo al quale hanno partecipato associazioni degli operatori sanitari, dei cittadini e un rappresentante delle Regioni che è stato presente a tutti agli incontri. Le Regioni sono protagoniste nel Servizio sanitario nazionale, ma ci tengo a dire che, tolte alcune in cui si fa davvero un buon lavoro, ce ne sono altre che proprio grazie al decreto dovranno finalmente mettere i dirigenti davanti alle loro responsabilità. Non verso il ministero, ma verso i cittadini a cui non vengono garantite le prestazioni, soprattutto per inefficienze organizzative davvero indegne”. E ricorda infine che le somme destinate dal Governo alle Regioni per la gestione delle Liste d’attesa “vanno utilizzate solo per questo scopo”. E intanto comincino pure a usare le somme già messe a disposizione, ma non ancora utilizzate allo scopo.

La situazione è questa. Diciamo che c’è ancora tanta confusione in giro. Provvedimenti magari anche efficaci, ma programmati nella consapevolezza di non poter avere i finanziamenti necessari per attuarli. Atti legislativi emanati in tutta fretta, pur sapendo che non allevieranno minimamente il Calvario di quei poveri pazienti che portano la loro croce di ASL in ASL, senza trovare uno straccio di Cireneo che almeno li aiuti a sopportarne il peso.

L’immagine resta quella di un’Italia sempre più divisa tra Regioni goduriose, che possono permettersi addirittura di risistemare in positivo i loro tariffari, e Regioni colpevolmente impoverite, che oggi annaspano tra rientri e nuovi indebitamenti. Alla fin fine chi ne paga le conseguenze sono però gli italiani. Anch’essi divisi tra goduriosi, che possono permettersi le cure più avanzate, e poveretti che devono scegliere se provvedere ad un pasto per la famiglia o chiedere una visita specialistica o un esame diagnostico a pagamento.

La cosa più avvilente è che, nonostante le condizioni siano quelle che sono sotto gli occhi di tutti, nonostante le nostre strutture continuino a prendersi cura di quanti a loro si rivolgono e nonostante li prendano in carico senza “ma” e senza “se”, rischiando persino di dover chiudere i battenti, come è già capitato a tanti Istituti, ci sia ancora chi addita agli untori. Come se il male della sanità di questo Paese fosse la sanità privata accreditata, e persino non profit, dunque al servizio del pubblico a tutti gli effetti. Ma se nel momento dell’emergenza – come oggi per l’abbattimento delle liste di attesa e come ieri per superare la funesta pandemia COVID ­- viene chiesta, a volte sembra addirittura pretesa, la nostra collaborazione, significa che finalmente qualcosa si muove nel riconoscimento del nostro ruolo di qualificato servizio alla comunità. E noi, come sempre, anche questa volta ci siamo.

Vorremmo poter dire, come semplici italiani, ai rappresentanti del nostro popolo in Parlamento, che non è con critiche e contro-critiche che si risolvono i nostri problemi, gravi se si parla di salute e di sopravvivenza. Forse riscoprendo quel barlume di fraternità che andiamo cantando nelle grandi occasioni, quello spirito di solidarietà che riaffiora nei momenti in cui ci si chiama a raccolta per soccorrere qualcuno o per fare qualcosa di buono, bandendo ciance e pretese individuali per ingordigia o sete di potere, allora questo Paese potrà continuare a nutrire la speranza di risollevarsi. (m.m.)


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